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Che finalmente una donna – l’ex atleta due volte campionessa olimpica Antonella Bellutti – annunci di voler scalare il pinnacolo più alto del Coni per presiederlo alla ormai vicinissima scadenza della carica, è il primo seme di una rivoluzione che tante sperano possa  sgretolare l’assioma per cui dici “gestione dello sport” e dici per forza e da sempre “uomini”.  Vedremo. Aspetteremo. In molte faremo il tifo.

Intanto, in molte tifiamo per  l’appena nata SAVE, una di quelle creature  che se non fanno, anch’esse, la rivoluzione, ci vanno molto, molto vicine. SAVE, infatti, è un servizio a cui in Italia ancora non aveva pensato nessuno, creato con l’obiettivo forte di dare battaglia alle molestie e agli abusi nel mondo dello sport. “La violenza contro le donne è un problema pandemico, e soffre di numeri giganteschi ovunque nella società tutta: è impensabile continuare a ritenere che il mondo dello sport ne sia fuori”, esordisce con la chiarezza che scandisce la sua storia, ex pallavolista, oggi giornalista e formatrice, attivista ed esperta di politiche di genere, che ha fondato e presiede l’Associazione Nazionale atlete, che da vent’anni  fa pressioni perché siano riconosciuti i diritti delle donne nello sport e che, conoscendo il sommerso di abusi sempre taciuti, ha appunto deciso di dire basta lanciando SAVE, un acronimo che è un manifesto e  che sta per Sport Abuse and Violence Elimination; e siccome una donna che ci crede come lei sa bene che per contrastare le violenze non basta volerle cacciare ma bisogna saperle stanare, ecco che lo fa insieme a Differenza Donna Ong, un’altra realtà forte e molto qualificata che da trent’anni è impegnata nella lotta alle violenze, al punto che gestisce il numero verde antiviolenza 1522 del Dipartimento Pari Opportunità-Presidenza del Consiglio.

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“Ci poniamo un primo, fondamentale obiettivo: sensibilizzare sul tema, anche grazie al supporto-pilota della regione Lazio, affinché nel mondo dello sport si cominci a parlare di questo tema ora tabù. Ma siccome non volevano che il nostro lavoro si fermasse al seppur importantissimo punto di informare, abbiamo voluto che SAVE rappresentasse da subito un approdo, un gancio, un aiuto concreto a tutte le donne che stanno vivendo sulla propria pelle e probabilmente in solitudine una forma di abuso: chiamando la linea che abbiamo messo a disposizione al numero  06-6780537 o scrivendo a [email protected] , le atlete, le dirigenti, le donne dello sport in genere potranno fare una denuncia e contare sul supporto gratuito e ad alto livello delle avvocate, delle psicologhe e operatrici di Differenza Donna. Vogliamo dire loro: parlate, noi ci siamo. Sarà una grande iniezione di coraggio per tutte e tutte insieme cercheremo di non lasciare mai più sola nessuna, disseppellendo quanto più possibile dall’omertà e dal silenzio abusi e violenze che il mondo dello sport non ha riconosciuto o non ha voluto vedere, sostenuto anche da elementi  intrinseci allo sport stesso: lo sport è necessariamente l’espressione massima della corporeità e questo contribuisce a confondere, ad annacquare  le molestie fisiche dentro le prossimità corporee e le manifestazioni di fisicità connaturate alla pratica atletica. A ciò si aggiunge anche l’impronta fortemente gerarchica delle strutture sportive, che certamente non facilita l’emersione dei soprusi”.

Un gruppo di donne cocciute che si battono per tutte

Luisa Rizzitelli, che la rivista Forbes ha inserito tra le 100 italiane di successo per il 2020 proprio per la sua determinazione nel dire no agli abusi, è oggi più che mai decisa a costruire, mattone su mattone, ambienti sicuri e rispettosi che caccino fuori dalle palestre, dalle piscine, dalle piste di atletica la violenza, ma anche la discriminazione, il sessismo. Scrive sul suo profilo: “Io rappresento una squadra formidabile, un gruppo di cocciute che crede nella necessità di esigere rispetto e leggi per le atlete italiane. Le donne e gli uomini di Assist, testardi e coriacei quanto me, mi hanno aiutata a dire al mondo che non rispettare una donna, nello sport e in qualunque campo, è una condizione che non possiamo più tollerare».

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In Italia non ci sono dati sulle violenze contro le donne nello sport, e del resto si sa che di rado chi viene ferita da un uomo lo denuncia: da una freschissima indagine di Telefono Azzurro e Doxa Kids, sappiamo che il 10% dei ragazzi e delle ragazze intervistati nelle scuole ha dichiarato di essere stato vittima di bullismo in ambienti sportivi, ma siamo davvero molto lontani dall’avere un quadro sulla violenza di genere. “Anche ciò fa sì che le società sportive, così come le federazioni non si attivino nel combattere il fenomeno”, continua Luisa Rizzitelli. “Per fortuna, iniziative nuove che puntano a creare ambienti rispettosi e sicuri stanno fiorendo anche da noi: cito il progetto internazionale Fair Coaching, coordinato dalla Lega Pallavolo Serie A a cui partecipa anche Assist Associazione Nazionale Atlete, che punta a promuovere il rispetto e i valori tra allenatori e trainer professionisti e di base, contrastando comportamenti sessisti, violenti e discriminatori per garantire un ambiente sportivo sano e stimolante per atleti professionisti e giovani atleti”.

Alcuni Paesi sembrano però avere invertito la marcia, e con una certa decisione: “Negli Stati Uniti, esiste lo U.S. Center for Safesport, un organismo indipendente che giudica i reati sessuali ed ha la facoltà di prendere provvedimenti, come la radiazione e il licenziamento dell’abusante in modo autonomo. Il Centro è nato dopo un processo famoso, legato a uno scandalo che scosse l’America: quello riguardante il medico della Federazione di ginnastica artistica americana Larry Nassar. L’uomo, nel 2018, fu condannato a 175 anni di carcere per aver violentato e molestato oltre 260 atlete americane”.

 

Le testimonial di SAVE

A dare forza a SAVE sono scese in campo alcune grandi atlete, a partire da quell’Antonella Bellutti che ha promesso di scalare la vetta del Coni, e Josefa Idem, che con le sue otto edizioni centrate ha scalato il record di partecipazione ai Giochi Olimpici. Martina Caironi, atleta paralimpica, due ori ai Giochi, che ha già raccontato a StartUpItalia (qui) che se perdi una gamba in un incidente puoi diventare campionessa del mondo puntando tutto su quella che ti resta, ha deciso di essere anche lei con SAVE perché sa che la violenza può ferire per sempre, dentro, anche chi ha un corpo da primato. “Io non ho mai subito una violenza, ma ho deciso di scendere in campo per SAVE perché immagino che anche atlete molto forti fisicamente possono sentirsi improvvisamente fragilissime se vengono aggredite, visto che poi rischiano di restano sole a misurarsi con quella vergogna dolorosa che si accompagna alla violenza, favorita magari dall’omertà del gruppo. Questo servizio è nato per dire alle donne vittime di violenza che non sono più sole, che verso di loro SAVE lancia la sua rete di salvataggio. Mi piace anche ricordare che ci sono molestie che non vengono riconosciute come tali, perché hanno forme ambigue e c’è molta confusione su cosa sia una molestia, che si tratti di molestia verbale o fisica. Noi dobbiamo cominciare a dire no anche alla battuta sessista, all’epiteto volgare, alle frasi con allusioni sessuali, dobbiamo dirlo con la stessa forza con cui dobbiamo respingere la pacca sul sedere:  ciascuna di queste molestie, se ci mette a disagio, se ci svilisce, se viene da un dirigente o da chi può decidere il tuo destino va respinta”.