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Si chiude un anno che in molti ricorderanno come il peggiore della loro vita. Per la prima volta abbiamo dovuto convivere con la restrizione delle proprie libertà personali, con l’impossibilità di viaggiare, di spostarsi per lavoro, di vivere spettacoli dal vivo, di fare sport in compagnia. Un anno fa nessuno avrebbe potuto immaginare che la nuova normalità di oggi si sarebbe ridotta a lavorare da casa propria con un pc, una webcam e un paio di cuffie.

 

Eppure, in questo new normal abbiamo scoperto alcuni aspetti di noi stessi che non avevamo considerato: possiamo seguire progetti a distanza senza doverci spostare, possiamo fare rete e dimostrare vicinanza e solidarietà attraverso la tecnologia, possiamo abbracciare chi è lontano da noi anche solo con un po’ di fantasia.

Nel 2020 su Valore Responsabile, il nostro canale, promosso da Mediobanca dedicato ai progetti di inclusione sociale, vi abbiamo portato esempi di realtà che hanno dovuto reinventarsi per continuare a lavorare. Vi abbiamo raccontato di persone che hanno trovato il modo di avvicinarsi a chi era più indifeso grazie alla tecnologia. Vi abbiamo raccontato di persone straordinarie che hanno continuato a portare avanti progetto con detenuti, con persone malate, con minori in difficoltà, senza arrendersi davanti a niente.

 

La catena della solidarierà non si è fermata

Ci sono parole che sono emerse dalle nostre storie e che ricorrono nel racconto di chi si occupa degli altri. Sono parole come resilienza, coraggio, comunità, orgoglio, protezione, accoglienza. Termini che ci hanno fatto capire quanto la catena della solidarietà non si sia interrotta.

Progetti che abbiamo seguito in prima persona come quello di Cometa che ogni anno accoglie più di 1300 ragazzi grazie al lavoro di 600 persone tra volontari, dipendenti, collaboratori e consulenti, non si è fermato. Come ci ha raccontato il General Manager Alessandro Mele, il lavoro è proseguito coinvolgendo i ragazzi con incontri online, con giochi interattivi, con momenti di riflessione che hanno permesso ai ragazzi di sentirsi meno soli e anzi di sentirsi ancora seguiti e accolti dalla loro comunità. “La situazione di lockdown ci ha permesso di tornare all’origine del concetto stesso di comunità. Siamo riusciti a riscoprire valori importanti perché qui in Cometa era già forte il senso di famiglia e di solidarietà. Partendo da solide basi si riesce a costruire qualcosa di duraturo. Cometa – ci ha raccontato Alessandro Mele – è un osservatorio sul disagio sociale, siamo una comunità e quindi per noi è centrale l’incontro. Questa situazione innaturale ci ha aiutato a fare una riflessione sul senso di tutto quello che facciamo. Siamo tornati al significato fondamentale di comunità ossia luogo di accoglienza”.

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Certamente non è stato facile per il Cus Milano Rugby riorganizzarsi e coinvolgere i ragazzi di Via Padova, Quarto Oggiaro e Baggio che vedevano nel centro sportivo un luogo sicuro dove fare sport e divertirsi superando molte difficoltà date dal disagio sociale.I volontari sono sempre stati presenti per i ragazzi e non si poteva uscire di casa i ragazzini sono stati coinvolti in allenamenti casalinghi proponendo giochi da fare in famiglia e gare di abilità. Non è stato un periodo facile per loro ma grazie alla presenza costante dei volontari, che non hanno mai lasciato soli i loro ragazzi, in molti casi si sono trovate opportunità interessanti che ci hanno restituito risultati insperati in termini di partecipazione ed entusiasmo. Interiorizzare nuove regole, rispettare distanze e fasce orarie ha permesso al Cus di portare avanti almeno il progetto del Campus Estivo e i ragazzi hanno risposto con entusiasmo e gratitudine comprendendo bene la difficoltà degli organizzatori.

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A settembre vi abbiamo poi raccontato del progetto al carcere Beccaria, che ha potuto svolgersi in modo regolare donando una vera boccata d’ossigeno ai minorenni detenuti che da febbraio non avevano potuto avere nessun contatto con l’esterno. Grazie al progetto Gruppo Mediobanca Sport Camp per 5 giorni, i 35 ragazzi che stanno scontando la loro pena, hanno potuto giocare e imparare le regole di alcuni sport con campioni come Federico Morlacchi e Diego Dominguez. “Esperienze come questa aiutano i ragazzi a sentirsi connessi con le persone che stanno fuori, a sentirsi parte della comunità: del resto non c’è niente che attragga l’attenzione di questi giovanissimi, come la musica e lo sport”, ci aveva raccontato la Direttrice del carcere Cosima Buccoliero. “Imparano a vedere le cose anche da una prospettiva diversa, a dirsi che ce la possono fare, a sentire la speranza che quello che stanno vivendo un giorno avrà fine”.

Durante questo 2020 anche noi in redazione abbiamo imparato a metterci in gioco con qualcosa di nuovo ed è per questo che vi abbiamo proposto anche degli eventi online in cui abbiamo riunito interlocutori che potessero raccontare le loro esperienze e portare un valore aggiunto alla discussione. In una di queste Miriam Cresta, CEO di JA Italia, ci ha raccontato come il progetto Crescere che Impresa! in collaborazione con Mediobanca ha potuto continuare grazie all’aiuto delle famiglie “L’approccio esperienziale è sempre uno dei nostri focus, perché stimola i ragazzi che approcciano le sfide con maggiore entusiasmo e li invoglia a proseguire nel proprio percorso formativo”, ci ha raccontato Miriam Cresta “In questa situazione abbiamo voluto fare un passo in più, sostenendo le famiglie e fornendo loro gli strumenti per aiutare i più piccoli a comprendere e affrontare la situazione attuale”.

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In un altro evento Live vi abbiamo presentato la storia di Go5, associazione di volontariato che ha dato vita al progetto “La vita sotto il turbante” che coinvolge detenute nella produzione di bellissimi turbanti pensati per donne malate di cancro. Una storia premiata con lo Special Award Valore Responsabile, in occasione di SIOS20.

Lasciandoci alle spalle questo difficilissimo 2020 e augurandoci di poter presto ritornare alla vita di sempre, speriamo di avervi portato qualche esempio di donne, uomini, associazioni, startup, aziende che hanno dimostrato come si possa fare accoglienza con coraggio ma soprattutto con professionalità, continuando a stare vicino agli altri anche quando la vicinanza fisica non è concessa.