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Lo sport paralimpico è seme che ha fatto crescere una nuova percezione e, con questa, una nuova cultura sulla disabilità e ciò che le sta intorno. Quel termine non nasce subito, ma i valori che ci stanno dentro si sviluppano fin dall’inizio, quando fra Inghilterra e Stati Uniti i reduci di guerra danno vita a quella che sarebbe stata la più grande novità sportiva della seconda parte del 900. Una storia in cui l’Italia ha un ruolo fondamentale, ma ci entra anche il cinema. Anzi, il primo sdoganamento di uno sport praticato da chi ha disabilità forse parte proprio da Hollywood.


Video realizzato in occasione dei 30 anni dei giochi Paralimpici  da Paralympic Games

Un film con Marlon Brando

Il protagonista è Marlon Brando, che è fra l’altro al suo esordio cinematografico. Gioca a basket. In carrozzina. Era stato ferito in guerra. Non camminava più. Faceva riabilitazione in ospedale, in un Veteran Administration Hospital negli States. Con lo sport. Il film si intitola “The Men”, gli uomini, anche se poi in Italia il titolo divenne un poco comprensibile “Il mio corpo ti appartiene”. E’ l’immagine cinematografica della nascita dello sport praticato da persone con disabilità. La prima. Ne sono seguite altre. Pedro Almodovar comincia Carne Tremula, con il protagonista che gioca la finale del torneo di basket in carrozzina della Paralimpiade di Barcellona. Ha continuato sulla strada del film del 1950 di Fred Zinneman prodotto da un mito come Stanley Kramer, che mostra come i reduci (molti di quelli del film erano proprio militari tornati dal fronte) della seconda guerra mondiale si divertissero con prove sportive.

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Il ruolo di Sir Ludwig Guttmann

La stessa cosa accadeva in Inghilterra, dove un medico visionario scampato alle folli persecuzioni naziste si era rifugiato. Fu lui a strutturare quella che sarebbe diventata una grande rivoluzione non solo sportiva, ma prima di tutto sociale e culturale. Il primo a capire l’importanza dello sport, nella riabilitazione prima e nella vita poi, per le persone con disabilità. Quella intuizione avrebbe migliorato il mondo, mettendo in primo piano le abilità, entrando in tutte le realtà sociali, nella cultura, nella musica, nella moda, nel cinema anche. Sir Ludwig Guttmann, neurologo e neurochirurgo emigrato dalla Germania alla Gran Bretagna per le sue origini ebree, dopo la Seconda Guerra Mondiale divenne il direttore di un nuovo centro per le malattie spinali, la Spinal Injuries Unit dell’ospedale di Stoke Mandeville ad Aylesbury, nelle vicinanze di Londra. Era il 1944 quando il centro aprì. Migliaia di soldati stavano tornando dalla guerra senza poter più camminare. Come quello impersonato da Marlon Brando dall’altra parte dell’oceano.

I prodromi di quello che sarebbe diventato il movimento paralimpico sono però alla conclusione della prima guerra mondiale. I soldati francesi rimasti ciechi inventano un gioco usando una palla con delle campanelline inserite per poterla sentire. Nasce quello che diventerà il goalball, lo sport tipico dei non vedenti. Non era una terapia, era un gioco nato per divertirsi. Oggi è uno sport nel programma paralimpico. Se si vuole parlare di terapia, vi sono tracce dell’utilizzo della pratica sportiva fra i disabili già nel Settecento e nell’Ottocento. A Berlino erano presenti gruppi sportivi per sordi già nel 1888. Una vera strutturazione, però, è giunta solo con Guttmann. Nel 1948, organizzò a Stoke Mandeville i primi Giochi per atleti con disabilità. Vi parteciparono atleti para e tetraplegici. Lo fece in coincidenza con i Giochi Olimpici, che si svolgevano proprio quell’anno a Londra. Vi era solo uno sport, il tiro con l’arco, e sedici atleti in gara. Fu poi in Italia che questa manifestazione divenne quella che possiamo ammirare anche oggi, i Giochi.

I Giochi di Roma

Era il 1960 e a Roma si suggellò l’unione fra sport olimpico e sport paralimpico, anche se questa parola cominciò a essere usata stabilmente e ufficialmente nel 1984, anno dei Giochi di Los Angeles. Fu grazie ad Antonio Maglio, anima dello sport per disabili in Italia, che portò i Giochi di Stoke Mandeville e mostrò quello che poi divenne lo schema delle Paralimpiadi attuali. Era l’anno dei Giochi Olimpici a Roma. Antonio Maglio era consulente medico superiore dell’Inail, l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni dal Lavoro. Un altro visionario che ha migliorato la società. Quella romana fu davvero una edizione memorabile, con la Cerimonia di apertura allo Stadio dei Marmi e la benedizione del Papa agli atleti in piazza San Pietro. Erano 400. Un numero che si è più che decuplicato. Oggi i Giochi Paralimpici sono secondi solo all’Olimpiade per interesse, partecipazione e nazioni coinvolte.

Tutto questo nacque da un sogno. Che è divenuto realtà e ha cambiato il mondo